MOLO17 dal 2015 crea soluzioni digitali innovative con un team di 30 risorse, di cui circa 20 legate allo sviluppo del software. Ad oggi abbiamo nel nostro portfolio grandi banche, università, piccole startup internazionali, ma il fil rouge è sempre lo stesso: vincere insieme sfide tecnologicamente all’avanguardia. Questo è ciò che sappiamo fare meglio, essendo ben consapevoli che la tecnologia non è tutto.
Nell’articolo qui riassunto, “Digital Transformation Is Not About Technology” – pubblicato da Harvard Business Review nel Marzo 2019, il professore e consulente di transformational leadership alla Stanford University Behnam Tabrizi ci offre il suo punto di vista in merito, sintetizzando 5 lezioni a suffragio della sua tesi.
Digital transformation: perché questo articolo è interessante secondo MOLO17
Nell’articolo emerge in modo evidente il business acumen dell’autore: il primo dato quantitativo per fotografare lo scenario del 2019 racconta che la digital transformation risulta essere il primo fattore di rischio monitorato da CEO ed executives. Nonostante questa grande attenzione, ben il 70% delle iniziative di DT non hanno raggiunto gli obiettivi previsti, con moltissimi milioni gettati al vento.
Tabrizi ha un’opinione in merito al perché: è tutta questione di mindset. A suo dire, le tecnologie digitali offrono possibilità di guadagnare efficienza e profondità nelle relazioni con i clienti. Se gli attori incaricati di implementare le strategie trasformative non sono in grado di cambiare, oppure le pratiche organizzative sono fallaci, la DT punterà un grande faro su queste carenze.
Per fornire una critica costruttiva, riassume 5 lezioni provenienti da situazioni reali vissute nelle sue consulenze strategiche condotte con maggior successo.
Comprendere la strategia di business prima di fare qualsiasi investimento per la digital transformation
I leader che mirano ad incrementare le performance organizzative con la trasformazione digitale hanno spesso un tool in mente: “Abbiamo bisogno di una strategia per il machine learning” – ma spesso è necessaria una visione strategica più ampia.
Portando ad esempio un case study, cita una consulenza erogata ad un marketplace di mobile app, che aveva definito come tre maggiori priorità velocità, innovazione e digitalizzazione. Nella consulenza si è deciso di intervenire per diminuire i tempi di produzione, aumentare lo speed-to-market e migliorare l’uso dei dati nella supply chain globale.
Solo dopo aver definito strategicamente questi obiettivi, si è proseguito con la definizione degli strumenti tecnologici idonei a raggiungerli. La lezione è che non esistono tool capaci di apportare “velocità” o “innovazione” d’emblée: la miglior combinazione per un’organizzazione varia in funzione della visione.
Fare leva sulle risorse interne che detengono il know-how per la digital transformation
Spesso le organizzazioni che vogliono innovare assumono consulenti esterni che propongono facilmente soluzioni one-size-fits-all in nome delle cosiddette best practices. Tabrizi suggerisce invece di basarsi con fiducia sulle opinioni degli insiders, il personale che ha una conoscenza profonda nella quotidianità del servizio.
L’esempio pratico é una riorganizzazione aziendale. Obiettivo: incrementare efficienza e customer experience. Il team esterno ha convertito gli strumenti consulenziali, disegnati sulle esperienze precedenti in processi distribuiti, adattando diagrammi e software ad un modello più centralizzato – perché lo staff di sportello che deteneva il know-how dei clienti suggeriva questo.
La lezione ricorda che le nuove tecnologie falliscono nel migliorare le organizzazioni non perché la tecnologia sia carente, ma per la scarsa attenzione verso la conoscenza delle risorse interne.
Disegnare la user experience parlando con gli utenti
Se l’obiettivo della DT è aumentare la soddisfazione degli utenti e l’intimità del rapporto che si viene a creare con loro, risulta fondamentale far precedere l’esecuzione da una fase diagnostica approfondita. Il racconto di questa esperienza consulenziale cita un progetto che ha visto raccogliere novanta questionari dei clienti per sentire dalla loro opinione un parere in merito ai punti di forza e di debolezza dell’organizzazione da trasformare. A questo sono stati aggiunti numerosi focus group che hanno aiutato a definire le priorità di intervento ed a configurare ad hoc diversi aspetti degli strumenti tecnologici che hanno messo a terra la trasformazione digitale.
Qui la lezione che ne ricaviamo è che spesso i leader si aspettano che l’implementazione di un singolo tool o app incrementi di per sé la soddisfazione dei clienti. L’esperienza insegna invece che per massimizzare la customer satisfaction siano più efficaci piccole tarature in diversi strumenti in diversi punti della catena del valore.
Riconoscere la paura degli impiegati di essere sostituiti nella fase di digital transformation
Quando le risorse interne comprendono che la DT potrebbe minacciare il loro lavoro, potrebbero consapevolmente od inconsciamente opporre resistenza al cambiamento. Per questo è fondamentale che i leader riconoscano queste situazioni e procedano con empatia nei confronti degli interlocutori, per far comprendere che la trasformazione digitale è un’occasione di crescita per fare un upgrade delle proprie competenze ed aumentare il proprio valore di mercato.
Nel consiglio di questa lezione si cita un’abitudine consulenziale consolidata, che consiste nel chiedere ai dipendenti di esprimere il loro maggior punto di forza nell’organizzazione e di posizionarlo nel nuovo processo organizzativo. Questo consente di trasferire loro parte del controllo nella trasformazione: non sul cosa verrà fatto, ma sul come.
La tecnologia può quindi diventare lo strumento con il quale potenziare le diverse abilità dei singoli.
Importare la cultura startup della Silicon Valley nell’organizzazione
Le startup della Silicon Valley sono globalmente riconosciute per l’agilità nel prendere decisioni, rapida prototipazione e strutture gerarchiche piatte. La trasformazione digitale è intrinsecamente incerta: i cambiamenti devono essere provvisori e rapidamente modificabili; le decisioni devono essere rapide; i gruppi di lavoro coinvolti devono provenire da tutte le unità organizzative. Tabrizi suggerisce di adottare quindi un modello gerarchico piatto che esuli dall’organizzazione preesistente.
La necessità di agilità e rapida prototipazione è qui ancor più forte che nelle altre iniziative di change management, perché le tecnologie e le app coinvolte possono essere molteplici e interdipendenti tra loro. Bisogna poter agire senza troppi flussi decisionali, altrimenti non c’è tempo di verificare l’efficacia di una miglioria in parallelo alle altre in corso, implementando soluzioni orizzontali ampie per raccogliere dati sufficienti a provare il successo degli strumenti scelti.
Conclusione: MOLO17 è open innovation, condivisione e confronto
Con questa vetrina, MOLO17 vuole raccontare quali temi stanno interessando la strategia evolutiva della società. Lo scopo è di condividere con approccio open le fonti ritenute più di valore, le informazioni più interessanti e l’approccio con il quale l’azienda interpreta l’innovazione.
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